di La Piaggia
Un carro da parata datato al VI secolo a.C. e realizzato in Etruria (lunghezza: 209 cm; altezza: 130.9 cm). Rinvenuto casualmente da un contadino a Monteleone di Spoleto nel 1902, faceva parte del corredo funerario di una tomba a tumulo.
Costruito in legno, cuoio, ferro e bronzo, il carro è decorato a sbalzo, bulino e con intarsi in avorio. È esposto dalla sua acquisizione nel 1903 nel Metropolitan Museum of Art di New York, Stati Uniti.
L'area denominata Etruria corrispondeva agli odierni territori della Toscana, dell'Umbria fino al fiume Tevere e del Lazio settentrionale, con propaggini in Liguria e verso la zona padana dell'Emilia-Romagna e della Lombardia.
La civiltà etrusca, nata dalla cultura villanoviana, fiorì a partire dall'VIII secolo a.C. e fu definitivamente inglobata nella civiltà romana, a sua volta fortemente influenzata dagli Etruschi, al termine del I secolo a.C. Questo lungo processo di conquista e assimilazione culturale ebbe inizio con la data tradizionale della conquista di Veio da parte dei Romani nel 396 a.C.
I carri da parata venivano utilizzati in Etruria in occasioni particolari da personaggi appartenenti alle famiglie dominanti e poi depositati in contesti tombali come parte del corredo funerario.
Il carro di Monteleone è decorato a sbalzo e a bulino sul pannello anteriore e sui due laterali. Si ritiene, ma esistono opinioni discordi, che le scene rappresentate sui pannelli principali e le decorazioni sussidiarie si riferiscano al ciclo troiano e a episodi della vita di Achille. Rappresentato con la madre Teti sul pannello anteriore, Achille riceve da quest'ultima l'elmo e lo scudo. Su uno dei due pannelli laterali l'eroe è rappresentato in combattimento con Memnone. L'apoteosi di Achille sull'altra fiancata del carro è iconografia più tipicamente etrusca. Come tutto l'artigianato artistico etrusco del periodo il carro mostra una forte influenza stilistica ionica.
Rinvenuto in stato frammentario il carro è stato ricostruito seguendo altre fonti iconografiche subito dopo l'acquisizione da parte del Metropolitan Museum of Art, peccato che un gioiello di questa portata non possa tornare in Italia.
IMPORTANTE VIA DI TRANSITO SIN DAI TEMPI PIÙ ANTICHI
Il territorio della Valnerina sin dall’età della protostoria fu un’importante via di transito e tratturo per la transumanza appenninica, collegandodi con il Mare Adriatico. Le prime testimonianze di occupazione stabile risalgono ad un fondo di capanna rinvenuto a Norcia di epoca neolitica, sporadiche sono altre attestazioni di età eneolitica (Abeto, Ancarano, S. Scolastica, Grotta del Lago). Il popolamento dell’età del bronzo sembra prediligere Cascia, a Norcia per l’età del ferro sono documentati sporadici siti periferici (Villa Marino, Ancarano), castellieri e santuari (Monte Aspra, Forma Cavaliera). In età storica si assiste ad un ripopolamento delle zone lungo il corso del fiume Nera che dividerà l’ethnos sabino da quello umbro.
La conquista romana dell’alta Sabina avviene nel 290 a.C. ad opera di Manio Curio Dentato, con la conseguente colonizzazione, fu aperta la via Flaminia, collegata ad essa da una fitta rete di percorsi, collegando la latina Spoleto attraverso i valichi di Forca di Cerro e di Forca di Bazzano, all’ingresso all’alta valle del Nera. Da Spoleto infatti la via diretta a Norcia sfruttava il Valico di Forca di Cerro e risaliva lungo il tracciato del fiume Nera seguendo anche il corso dell’affluente Vigi fino a Borgo Cerreto. Da qui dipartivano due tracciati: uno verso Norcia per il valico di Forca Vespia, l’altro verso Visso e la costa adriatica, passando per il valico tagliato della rupe di Triponzo.
Nel V secolo, con la fine dell’Impero Romano, la Valnerina divenne sede di numerose laure eremitiche. Da ricordare l’opera di evangelizzazione di San Feliciano nel III sec. d.C., di Basilio di Cappadocia, di Mauro e del figlio Felice “bonificatori”, di Spes, Eutizio e Fiorenzo fondatori della laura cenobitica della valle Castoriana, di San Benedetto e di Santa Scolastica. I Longobardi trovarono poi in queste valli un punto di forza per la loro organizzazione politica; nel 572 d.C. conquistarono Norcia e instaurarono il gastaldato di Ponte. Una menzione va a Feroldo II, Duca dal 703 al 720 d.C., promotore di importanti restauri delle abbazie nel territorio. Nel X secolo, dopo l’invasione dei saraceni dell’890, sorsero villaggi fortificati e torri, sede dei feudatari, e inaugurando il processo di incastellamento, evidente ancora oggi sul territorio. Nel XII secolo il territorio, posto sotto giurisdizione del papato, vide sorgere i liberali comuni di Norcia e Cascia. A questo seguì un periodo di continue lotte intestine tra Cascia, Norcia e Spoleto, intente ad espandersi per interessi commerciali e politici. Nello stesso frangente un’economia fiorente favorisce il nascere di chiese sparse e riccamente addobbate: è probabilmente il periodo più florido della Valnerina in epoca storica. Nonostante le fiorenti attività economiche, già nel XVI secolo cominciano le migrazioni della popolazione verso aree economicamente più forti. Fulcro del distretto è Norcia, presso la quale sono evidenti le opere di centuriazione di Santa Scolastica, e il santuario di Ancarano. Tra i documenti materiali più antichi che testimoniano il passaggio alla romanizzazione vanno ricordate le numerose iscrizioni su ceramica provenienti da Ponte, abitato fin da tempi antichi come testimonia un ponte romano, da cui il paese deriva il nome. Un ulteriore riassetto del territorio si avrà in età graccana, volto a frenare l’indiscriminato uso di queste zone da parte dei ricchi allevatori: di questo periodo alcuni rinvenimenti monetali da Piedipaterno, un semisse con testa di saturno laureata e un asse con testa di Giano. Rare le testimonianze di insediamenti: al sito di Monte Pizzoro di Spoleto si aggiunge quello di Rocca Gelli a Vallo di Nera, con il caratteristico abitato di altura sul declivio sud-ovest, difeso dal castelliere a controllo della via Nursina. La più forte attestazione del passaggio di Roma è sicuramente quella della Balza Taglaita di Triponzo, galleria scavata nel I sec. a.C., la cui attribuzione ad epoca romana è confermata della nota iscrizione.
Nel V secolo, con la fine dell’Impero Romano, la Valnerina, fu sede di un gran numero di monasteri e conventi sorti grazie alle opere di evangelizzazione di importanti figure religiose (San Feliciano, Basilio di Cappadocia, Spes, Eutizio e Fiorenzo, San Benedetto e Santa Scolastica). Non va dimenticato che nel 480 d.C. nacque a Norcia S. Benedetto nel cui nome l’aspirazione monastica si concretizzerà, appunto, in una miriade di celle e monasteri che tutt’ora caratterizzano il territorio.
Proprio in questi secoli tale regione era preda delle razzie dei Goti, che mettevano a dura prova le popolazioni locali: la sottrazione delle terre avveniva da parte dei barbari, mentre la spoliazione d’ogni altro bene ad opera degli eserciti imperiali che tentavano di arginare l’invasione. Allo spopolamento di città e campagne faceva così riscontro un’intensa migrazione verso luoghi difficili da raggiungere. In seguito, il declino dei Benedettini in tutto il territorio verificatosi dal 1200 in poi favorì la vita dei monaci che era in parte eremitica, in parte cenobitica e il cenobio era spesso scavato nella roccia e comprendeva un oratorio per le preghiere comunitarie e celle separate per ciascuno dei monaci più o meno distanti dall’oratorio che, all’occasione, fungeva anche da sala capitolare. Successivamente i Longobardi trovarono in queste valli la sede del Ducato di Spoleto. Nel 572 d.C. entrarono in questi territori conquistando Norcia e instaurarono il gastaldato di Ponte, attuale Ponte di Cerreto, di cui rimane ben evidente il castello. Come gran parte dell’Umbria anche qui con il X secolo comincia il processo di incastellamento, evidente ancora oggi sul territorio e caratterizzato da una fitta rete di castelli e torri, fino a tutto il quattrocento. Nel XII secolo sorsero i liberali comuni di Norcia e Cascia. A questo seguì un periodo di continue lotte intestine tra Cascia, Norcia e Spoleto, intente ad espandere i loro distretti per interessi commerciali e politici. La zona fu un importante punto di comunicazione, sulla via nursina, ricordata già da Svetonio.
All’inizio dell’era moderna, nonostante la fiorente economia, cominciò il flusso migratorio degli abitanti della Valnerina verso zone più densamente popolate.
BUONA PASQUA!
Quando ero bambino ci si ritrova presto nelle vie di Piaggia con le tasche colme di uova sode.
Ognuno era alla ricerca di un avversario che voleva cimentarsi nel gioco del "Coccetto".
Il gioco consisteva nel picchiare tra di loro le punte, e a volte quando le punte si romoevano i fondi, di due uova sode: perdeva il proprietario dell'uovo che si rompeva e doveva cedere al vincitore l'uovo rotto.
Una volta identificate le armi adatte per lo scontro bisognava decidere chi doveva battere con la punta del proprio uovo dall'alto verso il basso sull'altro, tenuto ben fermo tra le mani dell'avversario. A tale scopo si faceva pari o dispari.
A coccetto si giocava anche in gruppo; si ponevano in fila per terra un certo numero di uova, pari al numero dei partecipanti. I partecipanti si sistemavano attorno alla fila di uova e mostravano con una mano un numero a piacere di dita (come per fare pari o dispari).
paese montano a circa 1.000 s.l.m. in Valnerina, celebre soprattutto per avere dato i natali al cardinale Fausto Poli (1581-1652), molto influente alla corte di Urbano VIII. Si trova su uno sperone di roccia assai impervio che dà sulla sottostante valle del torrente Tissino, le cui sorgenti si trovano a poche centinaia di metri.
Il territorio di Poggiodomo e le località circostanti sono caratterizzati dalla presenza di castellieri di epoca protostorica, i cui abitanti caddero poi sotto l'influenza romana già a partire dal IV secolo a.C.: in località Forchetta di Usigni sono stati ritrovati reperti storici risalenti a quest'epoca.
Il toponimo appare per la prima volta in un documento del 1233, nel quale il paese, assieme a Poggiodomo, risulta legato a Spoleto: il nome deriva dal termine usina, utilizzato per denotare un generico opificio.
Le costruzioni si addensano nella parte centrale del paese con edifici a due o tre piani, di origine seicentesca e voluti dal cardinale Fausto Poli, culminanti nella chiesa di San Salvatore. Originariamente fortificato, ora delle mura non restano tracce.
Il cardinale Poli era segretario particolare del Papa, cosa che lo portò a conoscere un gran numero di artisti coevi; anche grazie alla sua influenza, i piccoli paesi del territorio natale non furono mai abbandonati del tutto. In particolare, egli si prodigò per la diffusione del culto di santa Rita da Cascia.
In seguito alla restaurazione pontificia del 1816, Usigni venne aggregato agli altri paesi dell'attuale territorio di Poggiodomo per formare una comunità indipendente.
• Chiesa di San Salvatore (1640), voluta dal cardinal Poli ed adornata con paliotti, reliquiari ed altri oggetti d'arte sacra assai pregiati; tra i decoratori degli interni ricordiamo Guido Ubaldo Abbatini e Salvi Castellucci, mentre è probabile che la supervisione della costruzione sia attribuibile al Bernini;
* Palazzo Poli (XVII secolo);
* Pozzo con lo stemma del cardinale Poli;
* Sorgenti del Tissino.
Le bellissime foto sono di Fabrizio Campagnacci.
GALLERIA
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